Per la prima volta nella sua carriera Michel Didym si cimenta in un classico. Ha scelto Molière e il suo Malato Immaginario e ha creato una bellissima troupe.
Venerdì 7 dicembre 2018 alle 20.30 Théâtre Princesse Grace
Tutta la tenebrosità
e la profondità della opera teatrale di Molière sono messe a nudo con questa sceneggiatura.
Si ride un po’ ma si è soprattutto spiazzati dalla lungimiranza dei propositi
di Molière che sottolineano la follia umana. Argan si rifugia nella medicina,
così come altri si rifugiano nella religione. La chiave di lettura di questo
classico che propone Michel Didym fa raggelare viste le notizie di quest’inizio
d’anno. Si ha voglia di ridere, ma spesso il riso rimane stampato. Uscendo
dallo spettacolo si avverte una strana impressione. Molière e l’Illuminismo
erano dei precursori, arrogandosi dal XVII secolo in poi il diritto alla satira
e allo scherno.
Michel Didym
intepreta il personaggio di Argan, taciturno, odioso, pronto a tutto per salvare
la propria pelle, anche ad accasare sua figlia Angelica con un medico. Argan è
spinto nel suo trincerarsi da Toinette, personaggio pungente, spiritoso. Agnès
Sourdillon entra a meraviglia nei panni di questo personaggio schernitore.
Jean-Marie Frin e Bruno Ricci interpretano vari ruoli. Bruno Ricci è Tommaso, l’uomo
scelto da Argan per sposare sua figlia. È una sorta di figlio di papà del tutto
immaturo, che passa il proprio tempo a riaggiustarsi il ciuffo ribelle. Il
potere comico di questa produzione si annida in questi dettagli, nelle smorfie audaci
che non fanno necessariamente scoppiare a ridere, ma che si assaporano ad ogni
istante. Dalla collera trattenuta di Argan alla goffaggine di Angelica,
passando dalla furbizia di Béline, Michel Didym ha dato corpo a una bellissima
galleria di ritratti.
Il palcoscenico è
quasi spoglio. Si tratta di una tavola quadrata composta da piccole piastrelle
color marrone. Gli arredi di Jacques Gabriel sono raffinati ed eleganti. La poltrona
a orecchioni è l’elemento centrale della scenografia. Gli intermezzi di questa
commedia balletto sono stati preservati e messi in musica da Philippe Thibault.
L’ultima scena è un gioioso delirio, macabro e funebre, una sorta di
celebrazione settaria alla gloria della medicina. Tutti i personaggi indossano un
costume e un cappello nero, in un cinismo profondo. Proprio come questo
spettacolo che propone una lettura profonda dell’opera di Molière.